sabato 27 luglio 2013

E quindi ti ho consigliato: ricorri all'AUTOTUTELA. I commissari alla fin fine sono brave persone e credo che avrebbero tanta voglia di "perdonarti". Se invece tu li aggredisci, stanne certo che tiferò per te (se ti basta!).

Calogero Taverna Carissimo Guagliano, questa sera abbiamo avuto un incontro al bar. Cercavi di convincere me sulle tue ragioni. Alzavi la voce come tuo vezzo e persino ricorrevi alle tue solite invettive che spesso suonano offesa. Sei fatto così e non cambierai mai. Ti ho visto imbevuto di tanti sofismi legulei come capita a chi digiuno in diritto, ascoltando questo e quell'avvocato che gli dà ragione, crede già di essere inattaccabile. Mio assioma è: per avere ragione: occorrono tre condizioni, primo, avere veramente ragione; secondo, averla riconosciuta; terzo: dopo che ti è stata riconosciuta, non vedertela negata. Quando ci si scontra da semplice persona fisica contro autorità legittimamente costituite si finisce sempre con l'avere la peggio. Perché lo Stato è una realtà pensata, ha ragioni che l'umana ragione non comprende e un'etica che la normale morale condanna. Io non condivido tutto ciò, ma so che è così. In oltre cinquant'anni di attività pubblica l'ho sempre esperimentato. Vi è stato un momento in cui tutti i perseguiti per inadempienze bancarie credevano di averla vinta, in primo grado, con l'accusa dell'usura. All'improvviso, in appello stanno perdendo tutti, perché le potenti banche sono riuscite a convincere (quanto gratuitamente non so) che usura non poteva esserci mancando un regolare rapporto sottostante, dati gli sconfinamenti abusivi, gli immobilizzi riscontrati, il passaggio a sofferenza, Ma veniamo al tuo caso: hai molte ragioni: una citazione affidata ad avvocato forestiero neppure iscritto allo speciale albo di Racalmuto, un mandato senza tempestiva trasparenza nell'albo di legge, una ostentata esternazione di nomi che andrebbero salvaguardati per la legge sulla privacy; un segretario che si induce non solo a qualificare la fattispecie penale ma a dare per acclarata una fattispecie calunniosa che essendo perseguibile d'ufficio imporrebbe al pubblico ufficiale non di fare querela ma di fare denuncia "senza indugio", un mandato a rigonfiare il conto economico del Comune senza specifica di oneri. Etc. etc. Ebbene, allora? quante di queste cose sono solo imperfezioni formali che nessun giudice assennato imputerebbe ad una sovraordinata istituzione pubblica per ricompensare cittadini dalla lingua lunga e dalla penna né d'oro, né d'argento. Se si va in contenzioso il privato perde. Se il privato trascende nel chiedere a cuor leggero giustizia incorre nella lite temeraria e son guai. La pubblica amministrazione può permettersi di pagare, se condannata; non viene certo sanzionata per asserita lite temeraria. Se occorre ricostruire i fatti - materia anch'essa opinabile - l'ermeneutica è sempre vantaggiosa per la pubblica amministrazione. Non siamo più al codice Rocco, ma tante di quelle leggi fasciste sopravvivono: sono peraltro nelle viscere di coloro che togati hanno il dono di essere la viva vox legis. Del resto lo Stato non può perire perché qualcuno si è visto finire sull'albo pretorio di Racalmuto. Ecco perché ti dicevo: sii astuto. Anche il Vangelo dice: siate candidi come colombe, ma astuti come serpenti: una contraddizione in termini che il buon Gesù si poteva permettere. E quindi ti ho consigliato: ricorri all'AUTOTUTELA. I commissari alla fin fine sono brave persone e credo che avrebbero tanta voglia di "perdonarti". Se invece tu li aggredisci, stanne certo che tiferò per te (se ti basta!).

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